La falsa idea di una depigmentazione tardiva

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Ambiente
08 marzo 2017
È probabile che gli Erectus europei, arrivati nel continente oltre un milione di anni fa, durante la glaciazione Gunz, fossero ben più chiari dei loro corrispettivi africani. Così gli Heidelbergensis che affrontarono la glaciazione Mindel e i Neanderthal vissuti durante il Riss e parte del Wurm. Lo stesso vale per i Sapiens presenti in Europa nel corso degli ultimi 45 mila anni
Fenotipi a confronto
Fenotipi a confronto

Ricordo una serie di articoli su un presunto "sbiancamento" degli europei avvenuto solo 6-8 mila anni fa e in particolare con l'arrivo degli indoeuropei. Questa posizione a mio avviso va rigettata. In realtà, in quegli scritti si assumevano come assoluti dati riferibili solo all'Europa centromeridionale in epoca mesolitica/neolitica, un periodo in cui il continente era occupato da popoli di pelle scura da poco arrivati dall'Africa del nord e dal Medio oriente. Altri studi, infatti, testimoniano che nello stesso momento l'Europa del nord era (ancora) abitata da persone depigmentate, già portatrici di tutte le mutazioni che oggi sappiamo essere causa della pelle bianca, di occhi e capelli chiari. E' facile immaginare che nel Paleolitico, prima dell'arrivo di questi migranti nordafricani e mediorientali, anche l'Europa centromeridionale fosse abitata da persone con pelle chiara, caratteristica che poi si è nuovamente diffusa a sud in seguito dell'invasione indoeuropea.

Il rutilismo (capelli rossi e pelle molto chiara) risale a tre mutazioni preistoriche, due avvenute in Asia, rispettivamente 70 e 50 mila anni fa, e una avvenuta in Europa 30 mila anni fa. E' evidente, quindi, che alcuni uomini del Paleolitico presentavano forme di depigmentazione "estrema", addirittura prima di arrivare in Europa. Non solo, le analisi effettuate su due Neanderthal, uno spagnolo risalente 43 mila anni fa e uno italiano di 50 mila anni fa (dunque entrambi dell'Europa del sud), hanno rilevato il gene del rutilismo (anche se in una variante diversa da quelle tipiche dei Sapiens). Gli abitanti dell'Europa glaciale, Sapiens e Neanderthal, erano ampiamente depigmentati. I geni che determinano il colore all'interno di uno stesso fenotipo si presentano in una variante chiara e in una scura (ma non c'è mutazione), le tonalità della pelle di quella popolazione saranno quindi comprese in una gamma di gradazioni che va dall'espressione più chiara a quella più scura, con un meccanismo simile a quello individuato da Mendel (un fiore bianco, uno rosso, due rosa). Per avere tonalità più scure o più chiare oltre questo range predeterminato occorre una mutazione, cioè qualcosa che faccia funzionare la produzione melaninica in modo diverso.

Le mutazioni che sbiancano la pelle non vanno interpretate nel senso darwiniano di miglior adattamento, ma in termini di minor danno. Se una mutazione depigmentante avviene all'equatore viene subito eliminata in quanto dannosissima, se si verifica in una fascia geografica intermedia risulta innocua e può diffondersi, pur non avendo nessuna utilità, infine se compare alle alte latitudini può addirittura risultare favorevole e diventare un tratto fenotipico dominante, nonostante il carattere normalmente recessivo. Generalmente la depigmentazione non ha particolare utilità. Che favorisca l'assunzione della vitamina D è una mezza bufala, a un africano che risiede alle alte latitudini bastano un paio d'ore di esposizione solare alla settimana per assumerne la quantità necessaria (peraltro, non si rilevano e non sono mai stati rilevati casi di africani residenti a nord del mondo che manifestano patologie legate a una scarsa assunzione di vitamina D). Ciò che è davvero determinate è il freddo, la pelle chiara infatti protegge dal congelamento, ma è sufficiente uno sbiancamento all'asiatica (si vedano gli inuit), quello all'europea è un'esagerazione. Tranne naturalmente in condizioni climatiche particolari, come per esempio nell'Europa e nell'Asia settentrionale durante un'epoca prolungata di freddo e ghiaccio.

Ecco allora che anche uno sbiancamento estremo, dannoso in qualunque parte del mondo, in un periodo glaciale può diventare utilissimo. Rutilismo e biondismo nordico sono evidenti eredità glaciali. Esiste anche un biondismo australe (ne sono portatori i melanesiani e gli aborigeni australiani), ma poiché non risulta dannoso né favorevole a quella latitudine rimane un carattere latente che non si impone come fenotipo generale. In definitiva, qualunque popolo stanziato a nord o a sud dei tropici è più chiaro di chi risiede nella fascia equatoriale, e più si va verso i poli più si può sbiancare senza subire conseguenze nefaste (certo con la tecnologia attuale il freddo può incidere molto poco o per niente). La depigmentazione avviene a causa di mutazioni casuali e spontanee che alterano la produzione melaninica, indipendentemente dall'utilità della mutazione, al contrario solo perché questo sbiancamento piccolo o grande non determina un grave danno. Le popolazioni equatoriali hanno un vincolo genetico che non consente mutazioni depigmentanti.

Si ritiene che originariamente i Sapiens fossero melanodermi in quanto apparsi in Africa e che quindi la pelle umana si sia sbiancata uscendo dal continente ancestrale, ma l'attuale razza negroide non rappresenta il prototipo di base, bensì il risultato di un'ulteriore mutazione scurente migliorativa, diventata fenotipo dominante tra i due tropici (compreso un perfezionamento dei capelli e della sudorazione). Senza dubbio le medesime regole valevano anche nella preistoria, quindi la distribuzione dei colori della pelle doveva essere analoga a quella attuale (al netto delle mutazioni non ancora avvenute). È probabilissimo che perfino gli Erectus europei, arrivati nel continente oltre un milione di anni fa, durante la glaciazione Gunz, fossero ben più chiari dei loro corrispettivi africani. Così gli Heidelbergensis che affrontarono la glaciazione Mindel e i Neanderthal vissuti durante il Riss e parte del Wurm. Lo stesso vale per i Sapiens che hanno trascorso in Europa le fasi finali dell'ultima glaciazione, con annesso tanto di "massimo glaciale". Date le condizioni climatiche, non si vedono cause che possano aver impedito il propagarsi di mutazioni depigmentanti. Anzi.
Giorgio Giordano

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