La guerra di Troia

Tipologia: 
Archeologia
26 marzo 2017
La guerra di Troia non è un episodio storico, è un mito sui cicli cosmici. Schliemann ha ingiustificatamente sovrapposto archeologia e mitologia. Esistono numerose proposte alternative alla sua e tutte con la pretesa di essere fondate su prove archeologiche. In realtà, la guerra tra achei e troiani è avvenuta in tutti i luoghi e da nessuna parte
Achille e Aiace
Achille e Aiace

Nel 1871 Heinrich Schliemann disse di avere individuato Troia a sud-ovest dello stretto dei Dardanelli, nei pressi della città oggi chiamata Truva. Un caso clamoroso di marketing geniale o un banale caso di confusione tra mito e storia? La guerra di Troia non è un episodio storico. L'Iliade e l'Odissea, oltre all'Eneide di Virgilio, non raccontano un evento realmente accaduto - come si ritiene - tra il 1250 e il 1194 a.C., tramandano un mito sulla fine dei cicli cosmici. Il contesto geografico scelto dal fantomatico Omero, che avrebbe scritto i due poemi intorno al IX secolo a.C., è quello dell'invasione achea dell'Egeo, ma si tratta solo della scenografia in cui è stato inserito il mito, che ha bisogno di immagini per prendere forma. Schliemann ha fondato la sua carriera sull'ingiustificata sovrapposizione di archeologia e mitologia. Nel sito della presunta Troia omerica ci sono testimonianze di dieci agglomerati urbani, che vanno dall'epoca bizantina al 3000 a.C. Qualche anno dopo, non contento, Schliemann ha anche sostenuto di avere trovato la tomba di Agamennone a Micene. Le sepolture da lui individuate sono più antiche di 300 anni rispetto alla presunta epoca della leggendaria guerra tra achei e troiani, peraltro non sono mancati sospetti sulla falsificazione della celebre maschera funebre del re, in quanto presenta baffi, pizzetto e basette ottocentesche. In realtà esistono molte raffigurazioni antiche che testimoniano questa usanza estetica indoeuropea, ma il vero problema è l'idea che Agamennone sia realmente esistito. Evidentemente, la tradizione che ha ispirato il poema omerico risale a un periodo precedente l'arrivo degli indoeuropei nel Mediterraneo. Il mito dell'assedio e della distruzione della cittadella fortifica, infatti, è rintracciabile anche in altre tradizioni, non è un'esclusiva di Omero. Tutte raccontano la stessa storia, costringendoci ad escludere l'ipotesi che questa guerra sia stata combattuta in Grecia.

Ritroviamo il racconto della guerra per riprendersi la regina rapita anche in un altro classico indoeuropeo, il Ramayana, con l'assedio di Lanka per riavere Sita, che gioca il ruolo di Elena. Perfino nella Bibbia troviamo un assedio con mura invalicabili da superare, quello di Gerico, dove ancora una volta abbiamo un personaggio femminile perno della vicenda, Raab (uno dei tanti casi di corrispondenza tra la tradizione indoeuropea e quella ebraica, forse dovuta ai Mitanni, oppure al periodo persiano o ancora a quello ellenistico). Tanto Elena quanto Sita e Raab sono ritenute donne “infedeli", mentre Achille, Rama e Giosuè sono eroi solari, chiamati a guidare la fine-inizio di un ciclo. La fondazione di una città è una miniatura della Creazione e rappresenta l'inizio di un ciclo, si pensi anche a Caino che fonda la città di Enoch dopo l'uccisione di Abele, o a Romolo che fonda Roma dopo l'assassinio di Remo. Viceversa la distruzione di una città rappresenta la fine del ciclo. Lo stesso concetto ritorna anche nell'immagine dell'isola sommersa o della patria ancestrale che deve essere forzatamente abbandonata, oppure il giardino proibito che viene violato, il tempio elevato in altezza che viene abbattuto e appunto la cittadella fortificata che viene assediata e distrutta. In astratto, si tratta sempre di uno spazio ordinato e dal perimetro ben delimitato che risulta "sconvolto" da qualche accadimento. Vale anche per la città scomparsa nella foresta, come nel caso di Eldorado, Paititi e Akakor, ovvero per il regno perduto o nascosto, pensiamo a Shamballa, Agarthi e Shangri-La. Il fatto che qualcuno si imbatta in ruderi sepolti in Asia Minore o occultati dalla vegetazione in centro America, o in qualunque altra parte del mondo, è una cosa completamente diversa, diciamo un crossover casuale tra mitologia e archeologia. E infatti esistono numerose proposte alternative a quella di Schliemann, tutte con la pretesa di essere fondate su prove archeologiche. Anche Atlantide è già stata trovata un po' dappertutto e a sentire gli autori delle scoperte il posto è sempre quello giusto. Secondo il celebre "Omero nel Baltico" di Felice Vinci, la guerra tra achei e troiani è stata combattuta in Scandinavia. L'autore raccoglie una serie di prove toponomastiche e climatiche impressionanti a testimonianza della sua tesi. Ma Iman Wilkens, nel libro "Where Troy Once Stood", individua Troia in Inghilterra, precisamente in Cornovaglia, con tanto di viaggi americani affrontati da Ulisse. Per Ernesto Roli, invece, il termine Troie non è altro che la trasformazione di Tosie, che deriva da Atosie, a sua volta vocalizzazione greca di Hattusa, capitale dell’impero ittita.

La guerra di Troia è avvenuta in tutti i luoghi e da nessuna parte, ogni popolo ha incarnato il mito cosmico della città espugnata in una qualche battaglia epica, vera o leggendaria, del proprio passato. I protagonisti della vicenda sono evidentemente mitici, non storici. Il mito di Achille, immerso nell'acqua divina salvo il tallone, è identico a quello di molti altri eroi indoeuropei, come gli indoari Arjuna e Krishna, il celtico Cuchulainn o il germanico Sigfrido: l'eroe viene immerso in un fluido divino o magico che lo rende invulnerabile, ma una parte del suo corpo rimane esclusa. A ucciderlo è proprio una ferita nel suo punto debole, generalmente ricevuta a tradimento per mano di un uomo molto meno eroico. Lo stesso si può dire del cugino di Achille, Aiace Telamonio, detto il Grande, che alla nascita viene avvolto nella veste di pelle leonina di Ercole, diventando invulnerabile con la sola eccezione di una spalla e un'ascella. Achille muore per mano del vile Paride, Aiace si suicida dopo la truffa dell'astuto Ulisse. Dal punto di vista storico-archeologico non esiste alcuna prova della loro esistenza reale, così come di quella del sovrano acheo Agamennone, del quale Schliemann pretese di avere trovato la maschera funebre. I personaggi dei poemi omerici sono strettamente connessi con l'astronomia e i cicli temporali. Sullo scudo di Achille ci sono le "sette stelle" dell'Orsa e delle Pleiadi, quello di Aiace è ricoperto con sette strati di pelle di bue. Priamo regna 52 anni, il numero delle settimane che compongono l’anno solare, i figli legittimi sono 19, il numero del ciclo luni-solare o metonico, le figlie sono 12 e rappresentano i mesi dell’anno. Nell'Odissea, Ulisse parte per ritornare a casa con 12 navi e 720 uomini, nel Rigveda troviamo una ruota con 12 raggi a cui sono legati i 720 figli di Agni. Le tappe del suo viaggio sono 12, così come nella gara con l'arco contro i Proci sono 12 gli anelli delle scuri allineate, attraverso cui occorre far passare una freccia. Ma bisognerebbe scrivere un libro solo per elencare le corrispondenze numeriche, simboliche e astronomiche presenti nei due poemi omerici.
Giorgio Giordano

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