Le ibridazioni "proibite" dei nostri antenati

Tipologia: 
Evoluzione
19 maggio 2016
Le forme umane apparse sul pianeta prima del Sapiens hanno contribuito al nostro genoma. Le tipologie dell'Homo, che un tempo si ritenevano incompatibili, erano invece interfeconde. Gli euroasiatici si sono incrociati con Neanderthal, le popolazioni dell'emisfero australe con Denisova, i subsahariani con un misterioso uomo arcaico
Neanderhal maschio e Sapiens femmina
Neanderhal maschio e Sapiens femmina

Oggi sappiamo che l'ibridazione tra Sapiens e Neanderthal è avvenuta in due occasioni, nell'area mediorientale durante il Paleolitico medio, subito dopo la fuoriuscita del Sapiens dall'Africa, e durante il percorso a ritroso che dal nord dell'India ha riportato i Sapiens in Medio Oriente, Magreb ed Europa, all'alba del Paleolitico superiore. I Sapiens entrati nel Vecchio continente erano figli di questa seconda ibridazione, poi proseguita durante un numero imprecisato di millenni di coabitazione. Neanderthal e Sapiens vivevano insieme all'uomo di Denisova, del quale sappiamo ancora molto poco: per ora, ci restano solo una falange e due molari, ritrovati in Siberia, databili intorno ai 40 mila anni fa. Abbiamo tuttavia potuto analizzare il suo genoma. Mediamente l'1,5-2,1 per cento del Dna delle attuali popolazioni che vivono fuori dall'Africa è di origine Neanderthal (secondo Svante Paabo 1-4 per cento in Europa, ma studi recenti hanno messo in luce una percentuale di Dna di origine neanderthaliana più alta tra gli asiatici orientali che tra gli europei). Ogni uomo moderno che ha un pezzetto del Dna neanderthaliano non necessariamente ha lo stesso pezzo ereditato dai suoi contemporanei, nel complesso, infatti, è sopravvissuto sparpagliato nel Dna moderno ben il 30 per cento del genoma neanderthaliano. Un recente studio sul genoma dei Neanderthal e dei Denisova ha evidenziato tracce di un’altra popolazione ancor più arcaica, per ora sconosciuta, che sarebbe vissuta tra Europa e Asia nel Paleolitico medio, forse l'Erectus o l'Heidelbergensis. Lo 0,2 per cento dei genomi delle popolazioni dell'Asia continentale e dei nativi americani è di origine denisoviana, che diventa 4-6 per cento nelle popolazioni aborigene dell’Oceania, dalla Papua Nuova Guinea all’Australia. I Neanderthal, inoltre, hanno contribuito almeno per lo 0,5 per cento al genoma dei denisoviani. Questi ultimi differiscono dai primi perché una piccola percentuale del loro genoma, variabile tra il 2,7 e il 5,8 per cento, è derivata da un gruppo di ominini arcaici. Peraltro, oltre alle recenti sorprese di Homo floresiensis e Denisova, alcuni anni fa, a Longlin, nel sud della Cina, all'interno della cosiddetta Grotta dei Cervi, sono stati rinvenuti i resti risalenti a 11.500 anni fa di quello che sembrerebbe un nuovo tipo umano, caratterizzato da una mascella molto sporgente e da arcate sopraccigliari pronunciate. Quindi un'ulteriore "presenza" contemporanea alla nostra. L'avventura del Sapiens è ben testimoniata a partire da circa 200 mila anni fa in Africa. Ma circa 160 mila anni fa, sempre in Africa, esisteva una variante del Sapiens definita Sapiens idaltu, che potrebbe avere dato un contributo al nostro patrimonio genetico. A questo proposito va ricordato che dopo le analisi del genoma di tre popolazioni africane, fra le più ancestrali del mondo, pare chiaro l'incrocio con un tipo umano ancora da scoprire, che si è separato dall'antenato comune circa 1,2 milioni di anni fa. I Sapiens rimasti nel "continente nero" si sono uniti a questi uomini arcaici, che hanno fornito circa il 10 per cento del Dna ai moderni africani. E poi c'è il mistero della vera età dell'Homo sapiens. Quando è comparso e dove? La matassa è diventata ancora più indistricabile dopo i ritrovamenti avvenuti in Israele, dove sono stati scoperti dei denti di Homo sapiens che risalirebbero a 400 mila anni fa. Nella stessa area sono anche state ritrovate delle lame in pietra, sempre risalenti a quell'epoca, con una tipica lavorazione Sapiens. Si è parlato di Homo helmei un Sapiens arcaico vissuto oltre 260 mila anni fa. Tra l'altro, di recente, la genetica ha cambiato opinione sull’Eva mitocondriale, che sembra essere molto più vecchia di 150 mila anni.
Giorgio Giordano

©RIPRODUZIONE RISERVATA
L'albero dell'evoluzione umana come ricostruito al momento