L'incontro tra Sapiens e Neanderthal

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Evoluzione
19 maggio 2016
Nel Dna delle attuali popolazioni che vivono fuori dall'Africa sono presenti tracce genetiche dell'uomo di Neanderthal: gli aspetti morfologici degli uomini europei tra 30 e 40 mila anni fa presentano un ventaglio di caratteristiche dell'uomo di Neanderthal o comunque tratti somatici ancestrali che erano già spariti nei primi Sapiens africani
Neanderthal a sinistra, Sapiens a destra
Neanderthal a sinistra, Sapiens a destra

I Neanderthal sono vissuti per 300 mila anni nel bacino del Mediterraneo e in gran parte dell'Europa a settentrione delle Alpi e dei Balcani. Hanno anche occupato aree dell'Asia occidentale e centrale. Dai 40 mila anni in poi se ne trovano solo tracce sparse in angoli remoti del continente europeo. Si sa che fino a circa 35 mila anni fa erano presenti nella penisola Iberica e secondo alcuni studi recenti intorno ai 30 mila anni fa nella Russia artica, forse uno dei loro ultimi rifugi prima della sparizione della loro cultura. Secondo i calcoli dei genetisti la maggioranza della popolazione neanderthaliana si è estinta intorno a 50 mila anni fa e all'arrivo dei Sapiens era di circa 70 mila persone. Non a caso erano praticate le unioni tra consanguinei. I Neanderthal avevano un volume cerebrale medio di 1500 cm³, quindi del 10 per cento superiore agli uomini attuali. L'uomo di Altamura, in Puglia rappresenta la variante italiana più nota dell'Homo neanderthalensis, una forma arcaica del genere, mentre il cranio francese di Saint-Césair, appartenuto a una donna di 36 mila anni fa, presenta tratti facciali molto più leggeri rispetto al tipico volto neaderthaliano. Nel Dna delle attuali popolazioni che vivono fuori dall'Africa sono presenti tracce genetiche dell'uomo di Neanderthal: gli aspetti morfologici dei primi esseri umani moderni europei dell'Aurignaziano, la cultura diffusa in Europa tra 30 e 40 mila anni fa, e dei successivi resti umani del Gravettiano, la cultura dominante nei diecimila anni successivi, indicano un modello anatomico derivato dalla morfologia dei primi esseri umani moderni africani del Paleolitico medio, ma anche un ventaglio di caratteristiche dell'uomo di Neanderthal o comunque tratti somatici ancestrali che erano già spariti tra gli esseri umani moderni africani. Lo rivelano l'aspetto del cranio e delle mandibole, la morfologia e le dimensioni dentali, clavicole, scapole, metacarpi, le proporzioni degli arti. Spesso all'interno di uno stesso sito si trovano esemplari con tratti polimorfi e variamente associati, indice di una fusione tra due differenti popolazioni. In definitiva i primi europei moderni riflettono sia la sostanziale continuità con gli uomini moderni africani e israeliani del Paleolitico medio, sia un notevole grado di commistione con gli indigeni europei neanderthaliani, assorbiti in poco tempo dai nuovi arrivati. Tra i reperti fossiili celebri che testimoniano l'ibridazione tra le due tipologie umane si ricorda  il femore di Ust'-Ishim in Siberia di 45 mila anni fa, la mandibola del Riparo Mezzena in provincia di Verona di quasi 40 mila anni fa e il cranio di Kostenki in Russia, datato tra 36-38 mila anni fa. Ormai siamo abituati a parlare di geni neanderthaliani nel nostro Dna, ma è vero anche il contrario: nel genoma dei Neanderthal vissuti 50 mila anni fa sulle montagne dell'Altai, in Siberia, sono stati trovati geni di esseri umani moderni, tanto che ora si ritiene scontata una prima ibridazione già 100 mila anni fa, non appena i Sapiens sono usciti dall'Africa.
Giorgio Giordano

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