La diffusione del fenomeno megalitico
I megaliti francesi e delle isole britanniche sono certamente i più conosciuti dal grande pubblico. Seguono a ruota le meraviglie di Malta e Gozo e oggi si segnala Gobekli Tepe in Turchia, che deve la sua fama all'antichissima data di costruzione: 9500 a.C. Il megalitismo è un fenomeno diffuso in tutto il mondo, non solo nelle aree più comunemente visitate e fotografate, come appunto la costa atlantica, che presenta la massima concentrazione mondiale di siti, dal Portogallo alla Bretagna, dall'Inghilterra alla Scozia e all'Irlanda, sino alle coste baltiche (Svezia e Danimarca). L'Italia è giustamente famosa per le sue bellezze preistoriche: il megalitismo si estende dalla Calabria alla Liguria, sino all'arco alpino, con vertici di bellezza rintracciabili in Puglia, in Sicilia e naturalmente nella cultura prenuragica della Sardegna (e della Corsica), accomunata a quella talaiotica delle Baleari, dove peraltro le tipiche taulas del posto assomigliano in maniera incredibile ai piloni di Gobekli Tepe. Ma i megaliti sono presenti in tutto il bacino del Mediterraneo, dall'Europa meridionale al Magreb, dall'Asia Minore all'area siro-palestinese e all'Egitto (Nabta Playa). Esistono anche strutture sommerse, come il sito di Atlit Yam in Israele. Inspiegabilmente, nelle cartine del megalitismo europeo non vengono adeguatamente considerate alcune zone importantissime, come Norvegia, Carelia e Penisola di Kola. Anche l'Europa centrale è ricca di megaliti, Germania e Svizzera su tutti, e così l'Est europeo, pensiamo a Romania, Bulgaria e Russia caucasica. Purtroppo queste aree restano misconosciute ai più. Ha ottenuto invece una più larga eco il sito di Carahunge in Armenia. Singolarmente o associate alle altre, le stesse tipologie megalitiche - dolmen, menhir, circoli di pietre, stanze scavate nella roccia, corridoi, altari e tumuli - sono presenti anche in tutto il continente americano, dal Canada al Cile, nell'Africa subsahariana, non solo sulla costa magrebina, poi ancora in Asia centrale, in India e in Estremo Oriente, dal Tibet al Giappone, sino all'area insulare del Sud-Est, perfino in Australia e nelle isole polinesiane del Pacifico. Ci troviamo di fronte a strutture con funzione dichiaratamente "sacra", che rivelano il medesimo culto naturalistico e astronomico. Per spiegare l'ampio raggio di diffusione di questa forma spirituale occorre un riesame delle migrazioni mesolitiche e neolitiche, a meno di non voler cercare un'origine comune addirittura nell'unità culturale dei primi Sapiens, magari espressa in modo più rudimentale, per esempio con pietre di dimensioni inferiori (o utilizzando tronchi d'albero come avvenuto a Woodhenge e Seahenge in Inghilterra).
Giorgio Giordano