Statue misteriose

Tipologia: 
Archeologia
29 maggio 2016
Gli antichi riproducevano l'immagine delle divinità con le mani appoggiate sui fianchi, gli occhi a chicco di caffè, le orecchie lunghe, le teste dolicocefale o i grandi cappelli a punta (che hanno lo stesso valore simbolico). Il prototipo per tutte queste raffigurazioni potrebbe essere la statua di 12 mila anni fa di Balıklıgol, trovata vicino a Gobekli Tepe
Serie di statue di luoghi lontani nello spazio e nel tempo che riproducono il medesimo prototipo
Serie di statue di luoghi lontani nello spazio e nel tempo che riproducono il medesimo prototipo

Cercando l'origine
L'iconografia del divino ha un'origine ancestrale comune? Oggi utilizziamo alcuni simboli standard per rappresentare le figure divine, le aureole dei santi, le ali degli angeli, le corna del diavolo, la barba dei patriarchi. Anche presso le culture preistoriche esisteva un modo quasi obbligato per raffigurare il soprannaturale. È vero che qualunque immagine umanoide non può che avere testa, corpo e arti, quindi tutte finiranno per assomigliarsi. Ma gli antichi associavano ai loro culti delle figure divine dall'estetica inconfondibile e difficilmente frutto del caso: occhi molto sgranati o a chicco di caffè, orecchie enormi e allungate, teste dolicocefale o cappelli a punta, mani giunte al cinturone o sui fianchi. In queste statue la dolicocefalia e i grandi cappelli protesi al cielo hanno evidentemente lo stesso valore simbolico. Identiche coordinate estetiche sono presenti in culture lontane nel tempo e nello spazio, cosa che fa pensare a un'origine comune molto antica. In molti luoghi del mondo questo tipo di rappresentazione è sopravvissuto anche in  epoca protostorica e storica. L'ormai famosissimo Balıklıgol ritrovato a Sanliurf, vicino a Gobekli Tepe e risalente al 10.000 a.C., potrebbe essere uno dei prototipi di queste raffigurazioni. A Gobekli Tepe troviamo anche un totem che anticipa l'estetica in discussione e in qualche modo viene anche in mente il Shigir Idol trovato in Siberia e risalente a 11 mila anni fa. Nel caso del Balıklıgol e di altri idoli preistorici, sia maschili che femminili, le mani non sono sui fianchi, ma appoggiate sui genitali, evidenza che rivela l'originale significato di questa postura: si tratta di divinità collegate al culto della fertilità. Nel corso delle epoche, mutate spiritualità e credenze, deve essere intervenuta una censura che ha preferito una posa meno esplicita. Il Balıklıgol richiama i vicini monoliti di Gobekli Tepe: le grandi pietre a forma di “T” hanno braccia scolpite appoggiate sui fianchi con tanto di cintura. In pratica sono una versione stilizzata di un'analoga figura. Va ricordata anche la statua di una divinità femminile venuta alla luce a Ciralick in Turchia, datata 7500 anni a.C. che introduce la dolicocefalia esasperata (e fallica), ancora assente nel  Balıklıgol. Nei crani natufiani ricoperti da una maschera funeraria, realizzati a Gerico nel 6000 a.C. circa, compaiono delle conchiglie che ricoprono gli occhi del defunto e rimandano direttamente a quella forma a chicco di caffè che poi diventerà un grande classico delle raffigurazioni sacre arcaiche.
In giro per il mondo
I citati piloni di Gobekli Tepe rivelano la stretta relazione tra i menhir e queste statue, che ne rappresentano l'evoluzione antropomorfa. Vengono in mente le statue-stele della Lunigiana e la notissima dama di Saint Sernin in Francia, che sono appunto menhir umanizzati. Esempi analoghi si trovano anche a Khirbet Rizqeh in Giordania e a El-Maakir-Qaryat al-Kaafa in Arabia Saudita. Sorprendentemente anche nelle Americhe era diffusa questa estetica inconfondibile. I Moai dell'Isola di Pasqua sono tra le statue più enigmatiche del mondo. Spesso sono visibili solo le teste che affiorano dalla terra, ma anche queste, una volta disseppellite, hanno rivelato un corpo megalitico con le mani appoggiate sui fianchi. Una postura che associata alle altre caratteristiche estetiche - lineamenti arcaici (naso, mandibole, arcata sopraccigliare), grandi occhi che in origine avevano la pupilla in ossidiana e l'iride in corallo, orecchie allungate e teste sormontate da grandi cappelli - ha immediatamente richiamato alla mente decine di statue analoghe sparse per il pianeta, appartenenti a tempi e culture lontane. Il sud e il centro America abbondano di esempi.  A San Augustin e in altri siti della Colombia, a Santiago del Cile e perfino a Cuzco sulle Ande è possibile trovare varianti di questa figura. E per restare in Perù, la somiglianza è addirittura imbarazzante se confrontata con le realizzazioni della cultura Chachapoya. Le mani sono regolarmente sui fianchi o sulla cintura, in alternativa compaiono braccia incrociate sul petto, alla maniera dei faraoni. Indistintamente troviamo grandi cappelli appuntiti o a torre, lunghe orecchie, volti austeri. La famosa statua di Tiahuanaco in Bolivia “el Fraile” altro non è che una versione della stessa icona, così come la sua gemella a Puma Punku. Lo stesso si può dire delle celeberrime sculture di Tula in Messico. Gli occhi di queste statue sono sempre molto particolari, enormi o con una strana forma a chicco di caffè. Questo particolare ricorre anche nelle statuette trovate, sempre in Messico, a La Venta e a Teotihuacan. Si tratta di figurine calve, con una testa decisamente dolicocefala e gli occhi a mandorla, che richiamano certe rappresentazioni egizie, come quelle di Cheope, Imhotep e di Akhenaton, Nefertiti e la famiglia di Amarna. Pur restando bene in vista, nel corso della Protostoria i tratti allegorici hanno via via lasciato spazio anche a caratteri somatici più realistici.
Attraverso i secoli
Sono veri e propri gemelli di Moai e simili i personaggi scolpiti nella pietra nel sito di Samosir sull'isola di Sumatra o quelli presenti sull'isola di Jeju in Corea del Sud. Un altro esempio è fornito dall'isola di Sulawesi in Indonesia, dove ancora una volta compaiono statue scolpite con le classiche caratteristiche somatiche arcaiche e quegli occhi profondi e allungati. Associate a varie culture megalitiche queste antiche divinità di pietra sono presenti anche in Asia e in Europa. Le troviamo, per fare degli esempi, a Zbruch in Polonia, a Kamyana Mohyla in Ucraina, ad Arkaim in Russia e a Biskek in Kirghizistan. Perfino in Corsica nel sito megalitico di Filitosa compare un esemplare analogo. Ma ne esistono anche versioni miniaturizzate, come una sorta di amuleto, per esempio quelle legate all'antichissima Nevali Cori in Turchia o al neolitico israeliano e iraniano, oppure quelle rinvenute presso la cultura Magar in Nepal e la cultura Mindimbit in Nuova Guinea. A Carahunge, in Armenia, troviamo invece una versione di queste figure incisa a bassorilievo nella pietra. Senza dimenticare le statue di tre famosi "guerrieri" dell'età del Ferro, come quello di Capestrano, quello di Hirschlanden e quello di Glauberg con la medesima postura. I tratti somatici di queste divinità sono rintracciabili anche nella cultura balcanica di Vinca, dove troviamo delle statuette dal volto insettoide, caratterizzate dagli stessi occhi a chicco di caffè, immancabilmente associati agli altri tratti tipici di queste figure ieratiche. Facce che risultano molto simili anche a quelle rappresentate presso la cultura preistorica mesopotamica di Ubaid, ancora una volta marchiate a fuoco da occhi oblunghi e crani ultra dolicocefali, in alcuni casi, a testimonianza di un'ispirazione allegorica ancora più spinta, perfino da volti serpentiformi, ma sempre con l'inesorabile copricapo a punta. E nella produzione artistica dell'antica cultura giapponese Jomon, troviamo i Dogu che ricalcano lo stesso modello. Ritroviamo queste facce anche a Sumer, pensiamo alle raffigurazioni di Gudea di Lagash, o in Pakistan, ricordiamo il volto del famoso re-sacerdote della valle dell'Indo o Bodhisattva, nell'arte del Gandhara, che compare con occhi a chicco di caffè e un copricapo a pennacchio proteso verso l'alto. Evidentemente la pratica delle deformazioni craniche è collegata alla concezione preistorica dell'immagine divina.
Giorgio Giordano

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Urfa, Nevali Cori, Ciralik in Turchia, Ecuador, Giordania, pilastro e totem a Gobekli Tepe, Serbia, Israele
Jeju Island in Corea, Cultura Chachapoya in Perù, Santiago del Cile, Sulawesi in Indonesia, Colombia, Cuzco, ancora Colombia e ancora Santiago
Hawaii, Kirghizistan, Irlanda del Nord, Sumatra, Ucraina, Giappone, Kurdistan
Quattro teste egizie, tre guerrieri dell'età del ferro: Capestrano. Glauberg e Hirschlanden, due teste statue di Mohenjo Daro, due di Harappa, una mesopotamica e una pakistana
Tre statuette di Ubaid, statuette di Teotihuacan, statuette e grande testa di La Venta, Cambogia, Cultura Vinca nei Balcani
Le due statue di Tiahuanaco e quella di Puma Punku in Bolivia, Tula in Mesico e un Moai dell'Isola di Pasqua
Shigir Idol in Siberia, Nomoli in Sierra Leone, arte etrusca, Nuova Guinea, Mesopotamia, Charaunge, tre maschere funerarie di Gerico, Corsica, Sardegna, statua-stele di Massa in Italia, la Dama di Saint Sernin in Francia, ancora Mesopotamia