La dimora nordica, inganno della mitologia
Geografia sacra
La mitologia ha spesso ingannato gli storici e i detective dei misteri archeologici. L'errore è stato considerare i luoghi descritti dalla geografia sacra come perdute ubicazioni terrestri in attesa di essere riscoperte. Si pensi ad Atlantide, all'Eldorado o ad Agarthi, per citare alcuni nomi famosi. È perfettamente inutile cercare sulla Terra, nelle sue cavità o in fondo al mare, città scomparse, isole sommerse e patrie primordiali abbandonate dopo una catastrofe. La mitologia cela le descrizioni di luoghi osservabili solo scrutando la volta celeste sotto le sembianze di descrizioni geografiche, raccontandoci di diluvi, di giardini sacri profanati e di fortezze assediate e rase al suolo. La fetta di cielo che ha suscitato il maggior interesse dei redattori dei miti è quella delle costellazioni circumpolari boreali, diverse da tutte le altre e speciali perché ruotano attorno alla Stella polare per tutta la notte, senza mai andare sotto la linea dell'orizzonte. Molte popolazioni antiche assegnavano al circolo delle costellazioni boreali il ruolo di residenza divina (dagli egizi fino ai norreni). Questa "dimora nordica" che appare nelle diverse tradizioni popolari non va confusa con un semplice territorio alle estreme latitudini del mondo, si trova sopra le nostre teste. Durante la preistoria (dalle grotte di Lascaux al megalitismo) gli uomini praticavano una religione intimamente legata ai moti celesti e sino alla nascita delle religioni monoteiste i pianeti del sistema solare e la giostra delle costellazioni hanno dominato il "credo" umano. Per effetto della precessione la Stella polare cambia nel corso dei millenni, fenomeno interpretato come una rottura dell'ordine cosmico, un evento drammatico per chi vede nell'immutabilità celeste lo specchio del divino. Nella mitologia questo mutamento è rappresentato come una devastazione di qualche tipo. Un evento celeste, quindi, allegoricamente messo in scena con l'abbandono forzato della patria originaria, la sommersione di un'isola, oppure la caduta della città assediata o la violazione del giardino proibito. Casi che sembrano diversi, ma che in realtà rappresentano tutti l'identica circostanza: uno spazio perfettamente ordinato e ben delimitato (dal mare, dalle mura, dalle canne, eccetera) che viene sconvolto, mutando in questo modo il suo centro e il suo perimetro o circonferenza.
Resta aperto il dibattito sulla conoscenza del fenomeno da parte degli uomini preistorici, ma è facile ammettere che quegli instancabili osservatori del cielo abbiano percepito almeno otticamente il cambiamento, al di là di un approccio matematico alla maniera dell’uomo moderno, per esempio, accorgendosi semplicemente che nei giorni del solstizio o dell’equinozio le costellazioni visibili non erano più quelle indicate dalla tradizione millenaria degli avi (per realizzarlo servono almeno 2000 anni) o che la stella al centro della volta celeste era diventata un’altra. Secondo una visone più “classica” questi stessi miti fanno invece riferimento al percorso annuale del sole lungo l’eclittica, ai moti lunari e ai transiti delle stelle più brillanti: la catastrofe cosmica in questo senso andrebbe intesa come descrizione dei cicli stagionali, che allo stesso modo sono determinati da una diversa inclinazione dell’asse terrestre rispetto al nostro astro.
Ubicazioni celesti
Il Paradiso, letteralmente il paese supremo o che sta sopra, l'Eden e i vari giardini inviolabili non sono altro che il circolo delle costellazioni boreali. Non esistono sulla faccia del pianeta come qualcuno vorrebbe. Iperborea, che infatti significa oltre o sopra il Polo Nord, non è ubicata sulla Terra, ma è un luogo celeste. Lo stesso si può dire della corrispettiva isola di Thule, oppure di Asgard e di Avalon, i Campi Elisi o le Isole dei Beati. Eppure qualcuno ritiene di poter individuare questi luoghi in qualche angolo del globo. L'Atlantide di Platone e l'Aztlan perduta degli aztechi rappresentano la medesima scena di distruzione e rinascita cosmica. Si tratta di miti precessionali, che appunto parlano dello spostamento dell'asse terrestre. Per descrivere allegoricamente la catastrofe cosmica i redattori dei miti hanno usato le immagini che più conoscevano per esperienza diretta o di cui era restata memoria popolare, ciascuno riadattandole al proprio contesto storico: quindi per esempio i popoli vissuti durante la deglaciazione neolitica hanno raccontato storie di grandi diluvi, mentre quelli dell'età dei metalli hanno narrato di grandi migrazioni e battaglie per la conquista del territorio. Quando la tradizione sacra di un popolo ricorda la patria originaria perduta o nascosta si sta semplicemente riconnettendo a epoche precedenti, quindi fa un riferimento temporale e non geografico. È inutile tentare ricerche terrene. Al centro dello spazio ordinato e recintato, Atlantide compresa, generalmente sorge un monte o una collina sacra (il Meru, l'Olimpo), sulla cui cima è situato il trono divino, appunto la Stella polare, il centro attorno al quale tutto si muove, oppure troviamo un albero, una torre, un tempio elevato in altezza. Si tratta della rappresentazione simbolica dell'asse terrestre che si sposta a causa della precessione. Torri, colonne, piramidi e mura invalicabili che vengono abbattute non descrivono eventi di cronaca, ma un fenomeno astronomico. Il crollo di Babele o quello identico della piramide messicana di Cholula, l'abbattimento delle colonne del Tempio da parte di Sansone (che significa piccolo Sole) o il trasloco dell'alta torre di granito raccontato nel libro di Enoch, hanno lo stesso significato. Tra le tante città o regni scomparsi a tutte le latitudini del mondo, in Oriente, accanto alla citata Agharti, ricordiamo anche Shambhala e Shangri-La, e nell'America precolombiana, oltre a Eldorado, anche Paititi e Akakor, oppure la mitica terra di Mu/Lemuria (verosimilmente con riferimento alle costellazioni circumpolari australi).
Mito e storia
Troppo spesso si cercano nei miti luoghi o personaggi che di reale non hanno nulla. Pensiamo ad esempio all'episodio di Mosè e del vitello d'oro realizzato dal popolo mentre il patriarca era sul monte (come sempre la dimora divina) per ricevere le tavole della Legge. Si tratta di un mito precessionale che indica la fine dell'era del Toro e l'inizio di quella dell'Ariete. Vale la pena ricordare anche le similitudini tra la presa di Lanka da parte di Rama, l'assedio di Gerico ad opera di Giosuè e la guerra di Troia guidata da Achille (che molto probabilmente non c'entra nulla con la città trovata da Schliemann in Turchia), dove compaiono tre chiari eroi solari, tre donne - Sita, Raab ed Elena - a vario titolo ritenute infedeli e ovviamente tre fortificazioni inaccessibili conquistate con uno stratagemma. Il mito del giardino dell'Eden invece trova una importante corrispondenza con il racconto di Ercole nel giardino delle Esperidi. L'eroe deve rubare i pomi sacri dell'albero difeso dal drago Ladone. Come nel racconto ebraico l'albero è presidiato da un serpente/drago, che altro non è se non la costellazione boreale oggi chiamata del Dragone, che durante l'Era del Toro ospitava la Stella polare, la famosa Thuban. Nel racconto greco il chiaro riferimento precessionale appare nel momento in cui Ercole e Atlante si rimpallano il peso del mondo facendolo inclinare e sobbalzare. Così come gli iperborei non vanno confusi con gli antichi abitanti del Nord, è inutile cercare l'isola posta all'estremo settentrione da cui provenivano i famosi Tuatha De Danann irlandesi o l'isola "in parte ricoperta di canne" patria dei Sette Saggi, richiamati dai testi di Edfu, arrivati in Egitto per segnare lungo il Nilo i punti dove costruire i templi presenti e futuri. I Sette Saggi compaiono anche nella tradizione sacra mesopotamica e nella cultura vedica. Proprio quest'ultima ci rivela senza possibilità di dubbio l'identità di costoro: si tratta delle sette stelle dell'Orsa Maggiore, una delle costellazioni boreali per eccellenza. Ecco allora che ancora una volta il luogo di provenienza di questi esseri divini non è un luogo terrestre, ma il circolo delle costellazioni boreali e i punti fissati sul suolo egiziano altro non sono che puntamenti stellari. L'importanza del cielo boreale nelle culture preistoriche è testimoniata addirittura dagli allineamenti astronomici sull'altare piramidale megalitico di Monte San Martino, che rimandano alla costellazione del Cigno, intorno al 13.550 a.C., proprio quando ospitava la Stella polare.
Giorgio Giordano