Piramidi come matrioske
I templi presenti sulla piana di Giza vengono attribuiti alla IV dinastia egizia, che li avrebbe realizzati nel corso di appena un secolo. Considerando il numero, le dimensioni e le difficoltà ingegneristico-architettoniche delle costruzioni erette sull'altopiano, sembra oggettivamente difficile avvalorare questa versione. L'elenco è lungo: il complesso di Cheope è formato da piramide, tempio funerario, via cerimoniale e piramidi secondarie; quello di Chefren si compone di piramide, piramide secondaria, tempio funerario, via cerimoniale, tempio a valle; anche per Micerino abbiamo una piramide principale, le piramidi secondarie, il tempio funerario, la via cerimoniale e il tempio a valle; c'è poi la Sfinge con il suo tempio e possiamo ancora ricordare la tomba della regina Kentkaus, la necropoli occidentale e quella orientale. Cento anni sono davvero pochi anche dando per buone le informazioni tramandate da autori classici come Erodoto e Diodoro, che hanno parlato di migliaia e migliaia di lavoratori impegnati a ritmo incessante. I tecnici moderni si sono sbizzarriti nel contare quanti blocchi di pietra devono essere stati messi in posa al minuto per stare nei tempi. Per spiegare una realizzazione così rapida qualcuno ha tirato in ballo tecnologie retro-futuristiche e perfino gli alieni. Il metodo di costruzione delle piramidi per la verità è ancora ignoto (è una costante di quasi tutte le opere megalitiche sparse per il mondo), ma è evidente che i costruttori avevano elaborato una qualche tecnica geniale che a noi sfugge. La domanda è se può esistere una tecnica talmente prodigiosa da abbreviare i tempi in maniera così clamorosa. Un confronto interessante è rappresentato dalla collina artificiale di Silbury Hill in Inghilterra, un tumulo di terra e pietre di 39 metri con un diametro di base di 167 metri, realizzato in due tempi nel corso di 100 anni.
Ipotesi alternative
Il celebre Edward Leedskalnin, che in Florida eresse tutto da solo il famoso Coral Castle, disse di avere scoperto il segreto degli antichi costruttori delle piramidi e delle mura megalitiche, a suo avviso realizzabili con metodi definiti "rudimentali". I suoi studi suscitarono l'attenzione di Tesla e sono pubblicati nel libro "Magnetic current" (1945). Il metodo da lui elaborato resta misterioso, e per molti è pura fantasia, in ogni caso aveva a che fare con l'elettromagnetismo e la possibilità di togliere peso alle pietre, facendole levitare. L'opera si compone di 1100 tonnellate di materiale, con alcuni blocchi da 30 tonnellate. Leedskalnin impiegò 28 anni a costruire il suo castello, di cui dieci spesi a trasferirlo, dopo averlo già finito, a 16 chilometri di distanza dall'originale ubicazione (per ragioni di privacy). La piramide di Cheope ha un peso stimato di 7 milioni di tonnellate, che secondo Erodoto e Diodoro il faraone avrebbe fatto estrarre, trasportare e montare in un ventennio. Anche conoscendo il segreto della levitazione l'impresa pare ardua, ma naturalmente a queste condizioni potrebbe essere plausibile. Se invece vogliamo fare i conti con tecniche più convenzionali, occorre pensare a soluzioni diverse, come ammettere che il complesso di Giza è stato realizzato in tempi ben più lunghi e che i faraoni della IV quarta dinastia hanno solo avuto l'onore di tagliare il nastro a monumento finito, ovvero hanno portato a termine un ampliamento di templi più antichi già presenti sulla piana. Questa ipotesi è supportata da numerosi indizi, levitazione o non levitazione. Sappiamo che gli egizi, come del resto tutti i popoli del mondo, avevano l'abitudine di costruire nuovi templi sopra quelli precedenti. Per esempio, la piramide a gradoni di Saqqara, attribuita al faraone Djoser, è realizzata sopra una piramide a quattro gradoni più piccola, a sua volta edificata sopra una mastaba.
Il riutilizzo dei siti sacri
I testi di Edfu spiegano che il tempio è stato ricostruito diverse volte e ricordano che nell'antichità Sette Saggi segnarono i punti lungo il Nilo dove costruire i templi presenti e futuri. I Sette Saggi compaiono anche nella tradizione mesopotamica e in quella vedica. Quest'ultima svela l'arcano della loro identità: i Sette Saggi sono le stelle dell'Orsa Maggiore. Il mito egizio, quindi, ci dice che gli antichi templi sono orientati con le stelle e che i siti sacri restano immutabili nel corso delle epoche. Un esempio clamoroso di ubicazione permanente di sito sacro arriva dall'Indonesia, le trivellazioni effettuate sotto la piramide di Gunung Padang, infatti, hanno rilevato che quel perimetro è stato occupato e ampliato per 20 mila anni (la questione tuttavia è ancora controversa). Ma basta ricordare che il complesso di Stonehenge è stato completato in diverse fasi nel corso di 1500 anni e di recente nell'area sono emerse costruzioni sepolte ancora più antiche. Lo stesso Gobekli Tepe, il circolo megalitico più antico a noi noto, è stato riedificato almeno tre volte tra il 9500 e l'8000 a.C. Le opere sulla piana di Giza sono state edificate con materiali e tecniche diverse, con differenze tra i vari templi, ma anche all'interno dello stesso tempio. C'è da chiedersi se queste discrepanze, al netto dei probabili restauri eseguiti nel corso dei due millenni successivi, sono da ritenersi compatibili con un'evoluzione di appena cento anni, tenendo presente che nell'antichità "le cose" cambiavano a un ritmo assai meno frenetico rispetto ai giorni nostri. I problemi, tuttavia, non sono dati tanto da orpelli e rifiniture quanto da questioni sostanziali. Gli egittologi hanno stabilito che la piramide di Cheope evidenzia una modifica strutturale in corso d'opera, che quella di Chefren ha subito una triplicazione delle dimensioni durante l'edificazione, mentre quella di Micerino avrebbe subito un raddoppio.
Ampliamenti
Questi inspiegabili cambi di progetto non potrebbero essere tracce di costruzioni sopra strutture più vecchie? Per la verità, l'idea che la piramide di Cheope nasconda al proprio interno una costruzione più antica è stata suggerita da diversi osservatori, non a caso, anche consultando una banalissima Wikipedia, si legge che è stata ipotizzata un'edificazione avvenuta "sopra una più modesta piramide a gradoni o una mastaba rimasta incompiuta". Nella Grande piramide le testimonianze di cambiamenti di progetto sono molte e usualmente vengono attribuite alla volubilità caratteriale di Cheope; leggendo le descrizioni che analizzano ogni ambiente interno ci si trova di fronte a tutta una serie di presunte indecisioni dei costruttori, tra stanze non finite (quella sotterranea e quella detta della Regina), cunicoli ciechi, raccordi scavati nella pietra. L'elemento più bizzarro è certamente rappresentato dall'entrata originale, una maestosa opera megalitica che poi, inspiegabilmente, è stata murata all'interno del profilo piramidale. Se la piramide avesse avuto fin dall'inizio l'aspetto odierno, perché i costruttori avrebbero sprecato tempo e fatica nella creazione di un simile portale d'accesso per poi occultarlo alla vista appena terminato? Ovviamente vanno considerati gli elementi simbolici: vicino alla piramide di Cheope, infatti, sono state trovate due "barche solari" sepolte in camere sigillate (quella rimasta intatta misura ben 43 metri). La scoperta rivela che gli egizi realizzavano opere meravigliose indipendentemente dalla loro successiva visibilità. Ma quel portale nascosto ci lascia un dubbio immane, ovvero che sia l'entrata di una più antica costruzione a gradoni, trasformata in una piramide a facce lisce in un secondo momento. Negli anni '80, un gruppo di studio francese ha registrato variazioni di densità nella Grande piramide, ipotizzando l'esistenza di una rampa a spirale all'interno della struttura (servita per trasportare le pietre sino al vertice), che corre parallela alla superficie esterna, dalla base alla cima, girando a 90° intorno agli angoli.
Stranezze
Rampa interna o gradoni di una un'antica piramide poi ricoperta? Viene in mente la descrizione di Erodoto sul metodo di costruzione della piramide di Cheope: si fa riferimento a una struttura a gradoni (chiamati crossai o bomides) e all'uso di macchine fatte di legni corti, usate per sollevare i blocchi da un livello all'altro. C'è anche un altro elemento che sicuramente lascia pensare: le uniche testimonianze di scrittura all'interno della piramide si trovano nella metà superiore del complesso monumentale, in particolare nelle camere di "scarico" sopra la camera del Re (al di là della polemica sulla presunta truffa del colonnello Vyse per attribuire l'opera a Cheope) e alla fine del cunicolo sud della camera della Regina, dove sono emersi simboli ieratici. Ciò lascia supporre che la scrittura non fosse in uso al momento dell'edificazione della parte bassa, ma fosse già diffusa al momento della ricopertura che ha trasformato la vecchia piramide a gradoni in una piramide a facce lisce. Anche per la piramide di Chefren gli egittologi parlano di uno strano cambiamento del progetto iniziale, suggerito dalla presenta di due ingressi, da una camera funeraria rimasta incompiuta, da un corridoio e da una serie di ambienti difficilmente interpretabili, tutti elementi che in realtà potrebbero celare l'ampliamento di un complesso più antico. In genere si ritiene che la piramide di Micerino sia stata realizzata attorno a un nucleo centrale, forse una roccia naturale, ma non si esclude una precedente costruzione. Il corridoio inferiore dall'attuale entrata porta all'originale camera funeraria posta sotto il livello del suolo, da qui parte un altro corridoio che conduce nel nulla, ma che prima dell'ipotizzato ampliamento doveva sfociare all’esterno. A riprova di questo c'è una caratteristica notata dagli studiosi: i segni degli attrezzi degli operai indicano con certezza che il corridoio inferiore è stato scavato dall'interno verso l'esterno, mentre quello superiore che conduce nel nulla, esattamente dall'esterno verso l’interno.
La Sfinge
Ha fatto discutere anche l'attribuzione della Sfinge. A lungo si è ritenuto fosse opera di Chefren, ma di recente la preferenza si è spostata su Cheope o comunque su tempi precedenti, in quanto i suoi caratteri estetici ricordano le rappresentazioni dei faraoni delle prime dinastie, senza barba e con tratti afro-asiatici. L'ultimo faraone ritratto in questo stile è stato Cheope. Qualcuno ha anche fatto notare le dimensioni eccessivamente ridotte della testa rispetto al corpo, arrivando a ipotizzare che in origine la statua rappresentasse un leone, poi riscolpito e umanizzato in un secondo momento a scapito delle proporzioni. Ma l'ipotesi resta indimostrata. Sono maggiormente ponderabili le tracce di erosione sul corpo della statua, che generalmente vengono attribuite all'azione del vento, ma che secondo molti studiosi sono dovute all'acqua piovana. Questa osservazione aveva indotto qualcuno a retrodatare la scultura addirittura a 10 mila anni fa, all'inizio della fase subpluviale del Sahara, ma oggi sappiamo che la desertificazione dell'area è iniziata solo nel 3500 a.C. e ci sono voluti tremila anni per vederne i completi effetti. Quindi non pare indispensabile riportare le lancette così tanto indietro come proposto dai revisionisti più accesi, ma certamente affrontare un ragionamento sull'età del monumento e sulla possibilità che sia stato più volte restaurato non sembra così inopportuno. Peraltro la famosa Stele dell'Inventario, considerata un falso storico in quanto redatta durante la XXVI dinastia, ma incentrata su avvenimenti di due millenni prima, racconta che al tempo di Cheope sulla piana di Giza esistevano già delle strutture: "Egli trovò che il tempio di Iside, signora della piramide, era presso il tempio della Sfinge a nord-ovest del tempio di Osiride, signore di Rostau; egli costruì la sua piramide accanto al tempio di questa dea; egli costruì la piramide della principessa Henutsen accanto a questo tempio". Si dice anche che ristrutturò la Sfinge ormai rovinata dall'usura del tempo.
Antichi racconti
Certamente queste affermazioni non possono essere prese per oro colato, ma non hanno minore rilevanza dei resoconti forniti da autori classici, i citati Erodoto e Diodoro, ma anche Strabone, Plinio il Vecchio e Manetone. Le loro ricostruzioni hanno fortemente influenzato l'archeologia moderna, specie in tema di attribuzione delle opere alla IV dinastia, ma va sottolineato che tutti questi racconti sono assai più recenti di quella sottovalutata stele e quindi, verosimilmente, meno informati sui fatti. Confrontando gli scritti e le non poche discrepanze che ne emergono, a partire dal nome del faraone della Grande piramide (Cheops per Erodoto, Chemmis per Diodoro, Sufis per Manetone, Khufu secondo il cartiglio egizio) risulta evidente come gli stessi sacerdoti egizi dell'epoca, consultati sull'origine delle piramidi, non avessero certezze assolute in materia, ma solo un ricordo lontano e viziato dalla leggenda. A proposito di leggende, vanno menzionate quelle copte e arabe d'Egitto che attribuiscono la costruzione delle piramidi a Surid, un sovrano vissuto prima di un diluvio avvenuto al passaggio precessionale tra l'era del Leone e quella del Cancro, epoca approssimativamente riferibile al 7500 a.C. Ma è evidente che anche queste storie non sono originali, tanto più che nella pura tradizione egizia non si parla di diluvio.
L'uovo delle piramidi
Per concludere il ragionamento sui probabili rifacimenti del sito di Giza nel coso del tempo, va menzionato il fossile di uovo di struzzo trovato in una tomba predinastica a Saqqara e conservato al museo di Assuan, che riporta incise tre figure apparentemente riconducibili a piramidi con linee orizzontali che ricordano i gradoni. Al radiocarbonio è datato intorno al 4500 a.C (5400-4000 a.C.). Sulla sommità dell'uovo compare un serpente arrotolato, verosimilmente a rappresentare la spirale infinita del cielo boreale, dimora divina, all'epoca presidiata da una stella polare stanziata nella costellazione del Dragone, il serpente celeste. A metà dell'uovo, accanto a un'altra serpentina che pare il Nilo, sono incise le tre misteriose forme piramidali. Alcuni le hanno subito interpretate come le piramidi di Giza, altri le considerano montagne sacre, altri ancora vele di barche solari (comunque una simbologia preesistente a cui le piramidi sono ispirate). Di fatto, non ci sono elementi sufficienti per identificare le tre figure con le piramidi sulla piana, anche perché manca la Sfinge, opera che difficilmente può passare inosservata (ma non si può dire se in quel momento fosse già esistente, oppure sepolta dalla terra o coperta di vegetazione, o semplicemente non è stata rappresentata). E se anche fosse Giza, dovremmo ammettere una sostanziale difformità tra le tre strutture rappresentate sull'uovo e quelle visibili oggi, essendo queste di identiche dimensioni, non a scalare come quelle di Cheope, Chefren e Micerino (ma non si può escludere un'approssimazione dell'autore del disegno). Qui naturalmente si potrebbe riaffacciare l'ipotesi di un rifacimento successivo, ma per non concedere troppo alla speculazione, Giza o non Giza, limitiamoci a coltivare il sospetto che le piramidi, in qualche forma, fossero diffuse in Egitto ben prima dei faraoni dell'Antico Regno. In definitiva, se si accetta l'ipotesi di uno sviluppo millenario dei siti sacri, con una edificazione avvenuta in più fasi, pietra su pietra, generazione dopo generazione, allora tutto diventa più facile e plausibile rispetto ai 100 anni attribuiti alla costruzione di Giza. Innalzare da zero una montagna artificiale è ben diverso dall'ampliare una struttura preesistente. Il raddoppio dimensionale, le facce lisce e la lucente copertura bianca probabilmente rappresentano l'ultimo passaggio nell'infinita serie di restauri che hanno interessato le piramidi, la Sfinge e gli altri monumenti presenti sulla piana.
Giorgio Giordano