Il circolo megalitico sommerso di Atlit Yam
Il surriscaldamento climatico che ha posto fine all’ultima era glaciale ha determinato lo scioglimento delle calotte e un innalzamento del livello marino di circa 120 metri, con la conseguente scomparsa di grandi porzioni di territori costieri. Molti villaggi neolitici sono finiti sotto metri d’acqua. Un esempio notevole è rappresentato da Atlit Yam, il più noto tra i siti sommersi davanti alle coste di Israele.
Atlit Yam è un villaggio neolitico sommerso, fondato circa 9.200 anni fa e abbandonato intorno a 8.400 anni fa. Si trova davanti alla città di Atlit, tra i 200 e i 400 metri dalla costa, a una profondità di 8-12 metri. Occupa una superficie compresa tra i 40 e i 65 ettari. È stato scoperto nel 1984 dall’archeologo israeliano Ehud Galili, nel sito sono state trovate strutture rituali e tombe con resti umani e oggetti di varia fattura.
La comunità stanziata nell’area ha vissuto il passaggio da cacciatori-raccoglitori ad agricoltori stanziali: i ricercatori hanno trovato resti di animali selvatici e domestici, più di sei mila ossa di pesce e tracce di oltre cento specie di piante. Gli scavi subacquei hanno portato alla luce case, pozzi, una serie di lunghe pareti, aree pavimentate in pietra e un circolo megalitico al centro del villaggio.
Questo monumento si compone di sette monoliti disposti a semicerchio, alti da uno a due metri e pesanti anche 600 chili: l’apertura è rivolta a nord-ovest, sulle pietre compaiono molte coppelle, che rappresenterebbero le costellazioni dell’epoca, mentre sulla base si segnala un alone che testimonia la loro antica posizione in prossimità di un corso d’acqua. A poca distanza sorge un’installazione formata da tre pietre ovali di circa 1,6-1,8 metri, due delle quali decorate con figure antropomorfe.
È anche presente un pozzo profondo 5,5 metri, scavato circa 10 mila anni fa, verosimilmente la realizzazione più antica del sito. A causa della progressiva salinizzazione dell’acqua, dovuta all’innalzamento del mare, nella fase finale dell’occupazione dell’area non è stato più utilizzato come pozzo, ma come discarica per i rifiuti, il fondo infatti è coperto da pietre, selce, legno, ossa di animali, manufatti e resti botanici.
Giorgio Giordano