Gobekli Tepe e la nascita del megalitismo

Tipologia: 
Archeologia
15 aprile 2018
Gobekli Tepe è il più antico mai ritrovato: ha almeno 11.500 anni. Intorno all’8000 a.C. l’area è stata seppellita e abbandonata. I reperti più antichi, antecedenti al 9000 a.C. sono più accurati e imponenti, mentre le costruzioni successive appaiono molto meno elaborate, tanto da far pensare a una progressiva decadenza di quella società
Le incisioni sulle colonne di Gobekli Tepe
Le incisioni sulle colonne di Gobekli Tepe

Sul santuario preistorico di Gobekli Tepe sono stati scritti fiumi di parole. Merita riassumere le tante teorie e osservazioni suscitate da quello che viene definito, non senza una buona dose di ottimismo, il “primo tempio del mondo”. Di certo è il più antico mai ritrovato: ha almeno 11.500 anni. Un sito misterioso e ancora tutto da scoprire, dal momento che solo un decimo della sua area è stato riportato alla luce. Salta immediatamente all’occhio la complessità delle opere realizzate, in particolare gli immensi piloni megalitici a forma di T, superbamente decorati con fregi che non compaiono su analoghe strutture megalitche di epoca più tarda. La vera particolarità di Gobekli Tepe sta nel fatto che dopo quasi due migliaia di anni di attività è stato completamente sepolto e abbandonato. Questa inspiegabile scelta dei suoi fruitori ha impedito il riutilizzo e la manomissione del sito nel corso dei millenni successivi. E forse non è un caso che il radiocarbonio sposti così tanto indietro le lancette dell’orologio rispetto a tutti gli altri templi preistorici precedentemente studiati dall’archeologia. In genere le strutture megalitiche, si pensi a Stonehenge, per secoli o addirittura millenni hanno subito ritocchi e ampliamenti, cosa che inevitabilmente restituisce tracce di occupazione di periodi diversi, specie quelle delle ultime fasi, impedendo una stima temporale davvero assoluta.

Una volta si riteneva che il megalitismo fosse un fenomeno ben più recente, originatosi a cavallo tra l’ultimo Neolitico e la prima Età dei metalli. Oggi per la verità sappiamo che il circolo di pietre di Atlit Yam in Israele, sommerso a una profondità di 8-12 metri, risale a circa 9200 anni fa, che quello di Nabta Playa in Egitto è stimato tra 6800 e 5700 anni fa, mentre i megaliti della Bretagna sono stati eretti tra 6500 e 4000 anni fa e le strutture megalitiche di Malta e Gozo tra 6000 e 4500 anni fa. Secondo alcune stime archeoastronomiche anche Carahunge in Armenia potrebbe risalire al VI millennio. In ogni caso Gobekli Tepe precede questi famosi templi di migliaia di anni. Anche il vicinissimo sito di Nevali Cori, oggi sommerso sotto le acque di un lago artificiale, è databile al X millennio: gli scavi effettuati prima della creazione della diga avevano messo in evidenza strutture simili a quelle più piccole, appartenenti alla seconda fase di Gobekli Tepe. Insomma, pare proprio che sia questa l’area geografica che custodisce le strutture megalitiche più antiche note alla scienza.La storia di Gobekli Tepe (che significa la collina con la pancia o l’ombelico) affonda le sue radici nell’ultima fase del Mesolitico e prosegue in quello che viene definito Neolitico preceramico. Secondo gli studi, non era un insediamento stabile popolato da agricoltori, ma un centro di culto utilizzato da cacciatori-raccoglitori, che tuttavia sono stati in grado di erigere un’architettura monumentale impressionante. Per gli archeologi, che lo hanno riportato alla luce nel corso degli anni Novanta, questa è stata certamente una sorpresa. È situato circa 18 chilometri a nordest dalla città di Sanlıurfa nell’odierna Turchia, vicino al confine con la Siria. I reperti più antichi, antecedenti al 9000 a.C. sono più accurati e imponenti, mentre le costruzioni successive appaiono molto meno elaborate, tanto da far pensare a una progressiva decadenza di quella società. Intorno all’8000 a.C. l’area è stata deliberatamente seppellita e abbandonata. Il sito è formato da una collina artificiale alta circa 15 metri e con un diametro di oltre 300.

Per ora sono stati scavati sei recinti circolari, con un diametro dai 10 ai 30 metri, delimitati da enormi pilastri a forma di T di dimensione variabile dai 2 ai 7 metri d’altezza, ricavati da blocchi di calcare il cui peso varia tra le 10 e le 15 tonnellate. In tutto è stata riportata alla luce una quarantina di questi piloni. Le colonne più grandi sorgono al centro dei circoli, mentre altre analoghe più piccole sono disposte lungo il perimetro e talvolta sostenute da muretti a secco. Sulla maggior parte dei monoliti sono raffigurati diversi tipi di animali (serpenti, anatre, gru, tori, volpi, leoni, cinghiali, bovini, scorpioni e formiche), ma anche elementi decorativi geometrici. Su alcuni piloni sono incise braccia e cinture, elementi che rimandano chiaramente alla figura umana. Diverse incisioni sono state volontariamente cancellate. Indagini con il georadar hanno indicato la presenza di un’altra ventina di circoli, che racchiudono fino a otto pilastri ciascuno, per un totale di 200-250 pietre ancora sepolte nel terreno. Una pietra a forma di T, estratta solo a metà dalla cava, è stata trovata a un chilometro di distanza: aveva una lunghezza di circa 9 metri, ma è stata abbandonata dopo essersi rotta.

Molti sono stati i calcoli archeoastronomici effettuati sulle strutture del sito. Secondo il professor Giulio Magli del Politecnico di Milano, i pilastri megalitici di tre circoli sembrerebbero essere allineati con il punto all’orizzonte in cui Sirio sarebbe sorta rispettivamente nel 9100 a.C., 8750 a.C. e 8300 a.C. Altre analisi suggeriscono che molte raffigurazioni sui piloni riprodurrebbero costellazioni, benché non tutte accurate dal punto di vista dimensionale, ma comunque rappresentazioni stilistiche delle forme stellari visibili al tempo. Nella sostanza una mappa celeste. Da segnalare l’indagine archeoacustica condotta da Sb Research Group su uno dei recinti del sito: colpendo con la mano il pilastro centrale (recinto D, pilone n.18), che ha la tipica forma umanoide senza volto a forma di T e strani segni grafici all’altezza della gola, la pietra letteralmente “canta”: secondo le analisi vengono emesse vibrazioni, simili a quelle riscontrate in altri siti megalitici, con frequenze specifiche in grado di modificare l’attività cerebrale (si pensi all’analogo fenomeno registrato nell’ipogeo di Hal Saflieni a Malta, ideato per favorire lo stato di trance).

Giorgio Giordano

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I piloni a forma di T
Colonna antropomorfa e una ricostruzione del sito
Fregi sui piloni e corrispondenze astronomiche
Le Taulas di Minorca del III millennio a.C. (a destra) ricordano le colonne di Gobekli Tepe (sinistra)
L’area di Gobekli Tepe e la Mezzaluna fertile