Una nuova era glaciale in arrivo?
Global warming
La calotta artica e quella canadese stanno diminuendo a vista d’occhio, il livello del mare è in risalita. Si teme che da qui al 2100 la temperatura possa crescere di sei gradi e forse più, almeno secondo le stime di Carolyn Snyder dell’Epa, l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente. I climatologi avvertono che il pianeta non può sostenere un aumento superiore ai due gradi: bisognerebbe agire entro 15 anni per invertire la tendenza e ridurre le emissioni dei gas serra da qui al 2050 almeno del 40 per cento. Nei giorni scorsi è circolata una notizia che potrebbe essere confortante: la Solar Dynamics Observatory, della Nasa ha fotografato il nostro astro senza macchie solari, segno di un’attività in drastico rallentamento, che secondo i calcoli dovrebbe toccare il picco tra il 2019 e il 2020.
Una nuova era glaciale?
Già nel 2010 il professor Habibullo Abdussamatov, astrofisico dell’Osservatorio di Pulkovo a San Pietroburgo, aveva annunciato l’arrivo di una nuova era glaciale nel 2014, ma la previsione non ha mai convinto la comunità scientifica. Due anni fa, una ricerca sui prossimi cicli undecennali del Sole, curata da Valentina Zharkova della Northumbria University, ha pronosticato che l’attività del nostro astro nel 2030 si ridurrà del 60 per cento rispetto alla media e che la situazione si protrarrà per un trentennio. La notizia ha rinvigorito gli antagonisti del surriscaldamento globale per cause antropiche, ma secondo gli esperti in materia gli effetti non saranno particolarmente drastici, piuttosto qualcosa di simile al cosiddetto minimo di Maunder, la “piccola era glaciale”, il cui apice si fece sentire tra il 1645 al 1715 con inverni molto rigidi nell’emisfero boreale, ma estati normali. È ancora aperto il dibattito sull’entità del calo delle temperature in quell’epoca, qualcuno stima appena un grado.
Controversie
Un grado sembra poco per arginare un surriscaldamento come quello profetizzato. Tuttavia, proprio l’anno scorso, l’Insitute for Space Studies della Nasa ha sostenuto che il pianeta non è così sensibile all’emissione di anidride carbonica e che la temperatura al massimo si alzerà di uno o due gradi. Va comunque ricordato, per esempio, che 4-5 mila anni fa, durante il cosiddetto optimun climatico, il mondo era più caldo di oggi, i ghiacciai meno estesi e il livello del mare più alto, quindi la ciclicità del clima risulta evidente. Stando agli studi del celebre matematico serbo Milutin Milankovitch, che calcolò i ritmi astronomici dei cicli glaciali da 400 e 100 mila anni e gli intervallati interglaciali di 9-12 mila anni (esattamente il periodo che ci separa dalla fine dell’ultima glaciazione), si potrebbe ragionevolmente affermare che i tempi per il ritorno del grande freddo sono maturi. Di certo le cause astronomiche sono fondamentali e non si tratta solo di macchie solari.
Glaciazione rinviata?
È stato dimostrato che una mutata inclinazione dell’asse terrestre ha determinato l’inizio e la fine dell’ultima glaciazione, così come il Sahara alterna deserto a prateria ogni 20 mila anni a causa dell’oscillazione dell’asse planetario. Le variabili però sono molteplici, le glaciazioni dipendono anche da altri fattori come la composizione dell’atmosfera, i movimenti delle placche tettoniche e le variazioni del campo magnetico terrestre. In ogni caso, secondo il professor David Archer dell’università di Chicago, l’attuale immissione di anidride carbonica nell’atmosfera rinvierà di oltre 100 mila anni la prossima glaciazione. Queste conclusioni sono state ribadite di recente anche dal Potsdam Institute for Climate Impact Research con sede in Germania. Tanti studi spesso in conflitto, con tutto l’immancabile strascico di reciproche accuse tra fazioni rivali. Il surriscaldamento peraltro può propiziare un successivo raffreddamento.
Reazioni a catena
Se il ghiaccio artico dovesse sciogliersi a ritmi ancora più frenetici, l’acqua dolce si riverserebbe in quantità nell’Atlantico, alterandone la salinità, con la forte possibilità di interrompere il famoso “nastro trasportatore” che consente alla Corrente del Golfo di riscaldare l’Europa e l’America settentrionale. Il che implicherebbe un serio peggioramento del clima dell’emisfero boreale, oltre a variazioni della circolazione dell’aria nell’emisfero australe. Tra l’altro, se le calotte polari si estendono, aumenta anche l’effetto “rimbalzo” dei raggi del Sole sul bianco dei ghiacciai, con un ulteriore calo delle temperature globali. Il 2016 era stato bollato come l’anno più caldo dal 1850, ovvero da quando si tiene sotto controllo il clima del pianeta, ma allo stesso tempo molte regioni hanno patito un inverno assai rigido, causato proprio dal surriscaldamento che ha fatto sbandare il “vortice polare”, conducendo verso sud le masse d’aria gelida dall’Artico.